Peccato di gola: il San Daniele dop

Partiamo dal mito: nel cuore del Friuli Venezia Giulia, in provincia di Udine, lungo la Strada dei Castelli e del Prosciutto, c'è un'area di colline dove le correnti miti dell'Adriatico incontrano quelle frizzanti delle Prealpi Carniche, sviluppando un microclima speciale. 

Qui avviene la stagionatura di uno dei prociutti più famosi d'Italia: il prosciutto crudo di San Daniele dop.

 

San Daniele è la capitale del "persùt", che affonda le sue radici nella storia. 

I Celti cominciarono a impiegare il sale per conservare le carni del maiale; poi fu la volta dei Romani, che colonizzarono il Friuli Venezia Giulia fin dal II secolo a.C.

 

Il crudo di San Daniele fu apprezzato dai Patriarchi d'Aquileia e dai Dogi della Serenissima Repubblica, prima di approdare sulla tavola di Gabriele d'Annunzio e di varie teste coronate del vecchio continente. Oggi il prosciutto di San Daniele è ricercato dai gourmet di tutto il mondo. E pensare che nel 1980 si lavoravano solo 350.000 cosce, oggi circa 2.750.000, un quinto delle quali destinate ai mercati esteri.

 

La bontà del prosciutto è legata si al clima, ma anche alla qualità delle materie prime: cosce di suini italiani e sale marino, nient'altro.

Un severo disciplinare, oltre a regolamentare le peculiari fasi di produzione, vieta tassativamente l'aggiunta di conservanti e di qualunque tipo di additivo. 

 

Il crudo di San Daniele dop compare nelle ricette di piatti raffinati, ma il modo migliore per apprezzarlo è con del pane fresco o con dei grissini. Così è servito nelle tante prosciutterie (locande tipiche) di San Daniele e ad "Aria di Festa", un appuntamento storico che si rinnova ogni ultimo weekend di Giugno. 

 

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